Nella notte stellata di un
precoce autunno, lieve il vento frusciava fra i rami ancora carichi di colorate
fronde che, ormai prive di linfa vitale, suonavano d’un delicato crepitio.
Al capannone 4 la sentinella
annoiata misurava i passi nell’angusto spazio delimitato in cui lo costringeva
la consegna; unica compagnia la scura e possente figura di Nerone, il cane
dello squadrone, che come sempre sonnecchiava a ridosso del vicino posto
antincendio.
Quello, il cane, era una sorta d’allarme vivente: avvertiva
qualsiasi fruscio rizzando le orecchie e mai a memoria di cavalleggero, una
guardia dello squadrone era stata colta di sorpresa da un’ispezione.
Il giovane ufficiale di
picchetto che aveva appena effettuato
il giro, ora tornava al Corpo di guardia principale ancora intimorito dal
ringhio dell’animale che, come ormai noto a tutti - meno che a lui ultimo degli
assegnati alla guarnigione - non ammetteva che “estranei” si avvicinassero al
cavalleggero in turno di sentinella.
- Quell’animale
è pericoloso ... - fremeva stizzito il subalterno strada facendo - il
Comandante non dovrebbe permettere la presenza in caserma di simili animali.
Ah, ma me la paga, la bestiaccia. Dio, se me la paga!
Il vento sembrava prendere
vigore.
L’ufficiale, cresciuto in una
località di mare, continuando a rimuginare vendette e rapporti, istintivamente volse lo sguardo verso le
stelle e brontolò:
- Se non altro terrà lontane le
nuvole.
Nel chiuso del capannone il
cavalleggero si liberò del peso del fucile appoggiandolo contro il cancello
dell’armeria, e si stiracchiò distendendo entrambe le braccia per liberarle dal
torpore:
- Beato
te che te dormi ...
L’animale, quasi a rispondergli,
soffiò dal naso sollevando una nuvoletta di polvere dal battuto di cemento che
faceva da pavimento all’autorimessa.
- Sbuffa,
sbuffa. Tanto a te che te ne frega. E pensare che potrei starmene con gli amici
a farmela bene. Ma chi vuoi che se le freghi ‘sti ferri vecchi..., - alludendo
ai carri da combattimento custoditi nella rimessa.
Nerone, da anni sentiva frasi
simili e lui, da cane serio ed equilibrato qual’era, non finiva di stupirsi di
fronte alla monotonia dei discorsi degli uomini.
Mai una volta, nelle lunghe
nottate passate insieme ad aspettare qualcosa che non arrivava mai, che
parlassero di buoni e gustosi ossi, magari con un po’ di polpa attorno; mai che
dicessero delle cagnette del loro paese...
“Che vuoi farci! E’ proprio una
vita da cani ...” concludeva fra sé, consapevole di quanto fosse impossibile
per lui farsi capire da quegli strani esseri a due zampe privi di qualunque
senso logico.
In quello un rumore secco gli
fece rizzare l’orecchio “buono”, l’altro sentiva lo stesso, ma da tempo gli
pendeva di lato, ricordo d’una baruffa ingaggiata per i favori d’una
bastardina, quando ancora non s’era arruolato: “E’ la solita ghianda che cade
sull’eternit del tetto... “, sbuffò silenzioso, come se parlasse con la
sentinella.
Quella, però, s’era agitata;
aveva recuperato in fretta il fucile ed aveva urlato:
- Altolà,
chi va là?
“Sta tranquillo, rospa” ...”
continuava il cane senza muoversi dal suo angolo.
Ma quello tranquillo non stava,
che anzi s’era attaccato al campanello del capoposto_ e non l’ aveva più lasciato finché il
graduato non era arrivato:
- Ohé,
fuori c’è qualcuno. Ho sentito una botta... della miseria.
- Ne
sei sicuro? - dubitò il l’anziano caporale gettando una rapida occhiata a
Nerone che se la dormiva beatamente.
- Certo
che sono sicuro... - ribatté la sentinella quasi offesa - ti dico che ho sentito
perfettamente un colpo di un qualcosa.
- Va
bene, non ti scaldare, adesso facciamo un giro di controllo.
Il graduato andò a svegliare
un’altra guardia e gli intimò:
- Seguimi,
ché dobbiamo fare un’ispezione ...
- oh,
no! - protestò quello rinvenendo da un
sonno appena preso - ...possibile che non si riesca a stare un po’ in pace quando
s’è in turno di riposo?
- Muoviti! - gli ingiunse il
capoposto, quindi a voce alta chiamò:
- Nerone!
“Ecco, lo sapevo”, grugnì
rassegnato l’animale tirandosi su pigramente dal pavimento, “te l’avevo detto
di non agitarti. Va be' che sei rospa..., ma a far casino quando non serve ci si
rimette il sonno e la tranquillità.”
Fuori dalla rimessa l’aria era
più frizzante che mai: il vento da nord soffiava deciso insinuandosi
senza pietà sotto le giacche dei due soldati ancora caldi di sonno:
- Mi
sono sempre chiesto se i cani hanno freddo ... .
“Certo che ho freddo, e vorrei un
po’ più di rispetto. Quando dico che non è niente, vorrei che mi si desse
retta.”
- Mi
pare strano che tu possa aver sentito qualcosa, senza che Nerone desse
l’allarme. - riprese il capoposto avvezzo da più lungo tempo alle guardie.
- Quello
se ne frega, - fece la sentinella di rimando - ...lui dorme e voi state lì a
trattarlo come un essere umano...
Il cane sembrò emettere un
leggero ringhio: “Ehi! ragazzo, porta rispetto ché di pivelli come te ne ho
visti a migliaia. Essere umano, poi, sarà tua sorella...”
- Senti,
rospa, quando Nerone non dà l’allarme vuol dire che non ci sono problemi di
sorta. Osservalo sempre quando sei di sentinella e non te ne pentirai.
L’animale sembrò approvare con la
grossa testa pelosa: “Bravo! E’ così che si parla...”
Intanto il giro d'ispezione era terminato.
Non s’era visto nessuno, né era stato osservato qualcosa di strano:
- Come volevasi dimostrare... - fece
il capoposto.
“Appunto”, sottolineò Nerone, “speriamo di poter
riposare adesso.”
La sentinella mortificata, ma in
fondo sollevata, tornò al suo posto.
“Non te la prendere, rospa,
capita a tutti. Hai tempo per imparare, ma non darmi più dell’essere umano.” Il
cane era tornato a sdraiarsi nella polvere della rimessa.
- Eccolo
lì, lui il grande cane che se la dorme!
“Certo che dormo, sei tu di
sentinella. Rilassati ora e lasciami in pace.”
Il soldato, neanche l’avesse
sentito, in silenzio riprese silenziosamente a misurare a grandi passi il
tracciato, quando:
- Alto
là! chi va là?
“Ci risiamo”, pensò il cane.
- Alto
là! chi va là? Capoposto! Capoposto! Non mi dire che non hai sentito - fece
rivolto al cane - ...e tu saresti un allarme vivente? Ma fammi il piacere...
“Allora scocci...”
- Cosa
succede stavolta? - chiese il capoposto arrivando trafelato.
- L’ho
sentito! L’ho sentito di nuovo ti dico...
- Ma
non può essere, il cane è lì tranquillo.
“Era un’altra ghianda
sull’eternit del tetto”, biascicò quello senza neppure degnarli d’uno sguardo.
- Giuro
che, cane o non cane, ho sentito un altro rumore e stavolta non mi fregate.
Chiama l’Ufficiale di picchetto.
- Va
bene, calmati, lo chiamo.
“Peggio per te”, pensò Nerone.
L’Ufficiale ordinò un
rastrellamento di tutta la zona e così gli uomini della guardia e del picchetto
armato passarono la notte in bianco.
Nerone rimase al suo posto vicino
al posto antincendio, unico a non perdere il senso della realtà ed a rimanere
di guardia a quell’armeria alla quale il suo capitano sembrava tenere tanto.
Sicché l’indomani al compunto
ufficiale di picchetto che riferiva le novità della notte al signor colonnello,
per poco non prese un colpo allorché questi gli chiese con estrema naturalezza:
- E
Nerone? Che faceva lui durante tutto questo agitarsi?
- Se
la dormiva, signor colonnello - rimarcò con perfidia il giovane subalterno.
- Allora avrebbe fatto bene a dormirsela anche lei - concluse il
Comandante.
Nerone poco più in là, sembrò
scuotere la testa: “... é così fra vecchi soldati”. E si allontanò col passo indolente di sempre.
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